Le tre patrie di Tartarugo

battatondo

Ugo Bartalini è morto quando aveva per poco vinto la sua scommessa con il tempo.Aveva oltrepassato lo scorso 7 aprile la soglia dei 101 anni : dunque ha camminato per qualche mese nell'ultimo tratto del millennio e per una risicata manciata di giorni ha toccato il nuovo secolo. Proprio come si era prefisso di fare.Scherzando sulla sua longevità qualcuno aveva detto che l'Ingegnere - così semplicemente lo chiamavano nella sua Contrada, la Tartuca - era una sorta di vivente prodigio biologico. E' stato vitale e sorridente fino all'ultimo e fino all'ultimo attaccato ai piaceri semplici e veri.Ha vissuto davvero toccando tre secoli .

Ugo Bartalini nacque , infatti, nel 1899, anno fatale per tanti giovani che furono chiamati alle armi il 15 febbraio 1917 mentre infuriava la Grande Guerra.Rammentando quei giorni in una sobria memoria personale Bartalini ha tratteggiato la convulsione di una scelta difficile. Era studente del primo anno di Ingegneria a Roma quando da un ardente interventismo democratico fu trascinato al fronte,dove si fece davvero onore nel 33° reggimento artiglieria campagna e fu anche decorato con medaglia di bronzo al valor militare.Ma le pose da eroe non gli sono mai piaciute e quando raccontava le avventure militari lo faceva con il distacco di chi parla di una scampagnata non priva di divertimenti.Il 29 febbraio 1920 fu collocato in congendo illimitato.Nel suo quaderno lo riferisce come si trattasse di un normale voltar pagina: "Tornai alle economie.La Trattoria degli studenti,un'unica stanza,cucina e mensa,in via Urbana,una traversa di via Merulana,ci riuniva per pranzo e cena al superbo costo di lire due a pasto,ivi compreso il fumo della cucina,incosciente responsabile del lacrimare dei nostri occhi".

Tre secoli

Ugo si laureò a Roma nel '22. In quel drammatico dopoguerra si affrontò un vuoto angosciante. Il vecchio ceto dirigente liberale aveva fatto fallimento. Tra socialisti e popolari lo scontro fu totale. La becera eversione fascista portò al governo Mussolini. La violenza era all'ordine del giorno e la provincia ne era sconvolta. Bartalini si rifugiò nella professione, nello studio di un uomo che godeva di fama e considerazione: l'ingegner Guido Sarrocchi. Conseguì quindi l'incarico di direzione di alcuni uffici tecnici di comuni del circondario senese, da Chiusdino a Monticiano, da Radicondoli a Sovicille. Chi ha militato con lui nel Partito Socialista rammenta i suoi interventi brevi e infarciti di cifre, le dichiarazioni puntuali che elencavano le cose da fare: fogne, acquedotti, allacciature per l'acqua, ponti, strade. La geografia che egli amava non era una sequenza d'idee. Aveva appreso dal riformismo municipale di stampo ottocentesco una lezione alla quale sarebbe sempre restato fedele. Una sera Silvio Gigli lo chiamò a dire due parole mentre trasmetteva dal Campo il suo "Spettacolo in piazza": Bartalini si impappinò e non riuscì neppure a leggere i foglietti che si era preparato. Colpa dei riflettori. Ugo Bartalini partecipava alla popolarissima trasmissione radiofonica nella sua qualità di sindaco: carica che ricoprì dal maggio 1956 al novembre 1964. Furono anni ricchi di fondamentali realizzazioni. Mi è capitato di ripensarli quando ho dovuto abbozzare una panoramica del secondo dopoguerra a Siena, tenendo d'occhio soprattutto l'amministrazione comunale. Furono realizzati i consolidamenti delle scuole di Presciano, Cerchiaia e Ginestreto. Furono costruiti gli edifici scolastici di Fogliano e Pieve al Bozzone.

Acqua, per piacere

Ci si dedicò anima e corpo alla costruzione del nuovo acquedotto, per superare una penuria d'acqua che tormentava da decenni la città. Furono anni nei quali la sinistra si guadagnò la reputazione di forza attenta alle esigenze della popolazione e capace di governare la città. Si trattava di rimettere in moto la macchina bloccata dalla guerra, di dare corpo a una credibile autonomia comunale. La riforma della finanza locale era uno dei cavalli di battaglia di lotte, delle quali s'è quasi perso la memoria e che furono essenziali per quel legame di fiducia tra cittadini e amministrazione che sta alla base di tanti risultati. E un nuovo ceto dirigente venne fuori. Bartalini impersonava bene i tratti del galantuomo socialista e favorì un felice e fruttuoso incontro sui programmi.Fu eletto sindaco nel 1956 e si distinse per una vocazione molto empirica,per un sano attaccamento alle cose da progettare e da realizzare.Il piano regolatore di Piccinato,Bottoni e Luchini era già stato approvato , la battaglia fondamentale che ha salvato Siena era stata vinta, malgrado le torbide manovre e la strumentalizzazione spregiudicata delle Contrade che si pronuciarono per la edificazione nelle valli verdi entro le mura.Oggi nessuno

riprorrebbe una scelta tanto sciagurata, ma allora lo scontro fu durissimo e la sinistra si conquistò un merito storico,che oggi nessuno più riesce a contestare.Bartalini si trovò a gestire la fase molto contrastata compresa tra l'approvazione del piano da parte del Comsiglio comunale e la sua definitiva pubblicazione ufficiale,che avvenne nel 1959.Purtroppo fu una fase non esente da guasti, anche gravi , in parte resi possibili dalla mancanza dello strumento approvato ,in parte accettati per una tolleranza distratta e non ancora armata del necessario rigore.

Nel 1964 avrebbe ceduto la fascia tricolore a Fazio Fabbrini, un sindaco che si fece subito apprezzare per il suo coraggio e la sua volontà di guardare con lungimiranza il futuro di Siena: basterebbe citare la chiusura del centro antico al traffico veicolare per chiarire quanto del nostro presente dipenda dai difficili successi di quei decenni cruciali. Ora non è di moda dare a ciascuno i riconoscimenti ai quali ha diritto, ma chi analizzi quanto è accaduto non potrà far a meno di tracciare un bilancio equilibrato. E verificare quanto prezioso sia stato un impegno collegiale, di massa. Bartalini non si considerò mai un protagonista, ma un cittadino incaricato di far funzionare al meglio e con buonsenso un'amministrazione. E così fece da vicepresidente del Monte dei Paschi, dal 1964 al 1969.Ripensato a distanza il suo socialismo appare basato su un laico gradualismo riformista.Fu per lui naturale restar fedele alla linea dell'unità delle sinistre.Anche quando si dette vita a Unione Popolare,per riconquistare il Comune alla democrazia e alla sinistra,non esitò a stilare una dichiarazione di sostegno, mettendosi in contrasto con lo spregiudicato e miope autonomismo del PSI di allora.

Insieme a questo curriculum istituzionale e politico , Ugo Bartalini ha percorso un appassionato cursus honorum contradaiolo, nella sua Tartuca. Lo studio di Guido Sarrocchi deve essere stato per lui non soltanto una palestra professionale di prestigio. Fu anche scuola di attaccamento ai colori della sua Contrada, della quale Sarrocchi fu Priore. Anche Ugo più tardi sarebbe stato a capo del rione di Castelvecchio e si sarebbe distinto in modo tutto particolare nelle faccende di Palio.

L'uomo di Palio

Era una festa meno fragorosa e complicata di quella di oggi. Bartalini era tenente, con Augusto Mazzini, nell'estate del 1933, quando la Tartuca con la fortissima accoppiata di Ganascia e Folco, conquistò un memorabile cappotto. Si fa per dire tenente, perché il capitano di allora, l'imperturbabile Pino Rugani, restò a Forte dei Marmi e Ugo dovette impostare la tattica della carriera e provvedere alle incombenze del caso.

Basterebbe un episodio del genere per far capire quanto sia distante il palio d'oggi, con il suo mastodontico apparato veterinario-mediatico-amministrativo dal palio di allora, più leggero e riservato. Ugo ha sempre ricordato con le lacrime agli occhi l'incontro eccezionale che avvenne il 17 agosto in via di Città quando, all'altezza del palazzo Chigi-Saracini,, si incontrarono il drappellone d'agosto che veniva portato in Tartuca e quello del 2 luglio che contradaioli esultanti recavano incontro. Ma per Ugo la dimensione Contrada non è andata disgiunta dall'amore civico: il premio, destinato ad un giovane contradaiolo che si sia fatto apprezzare negli studi o per il lavoro, testimonia una generosità paterna ed autentica, mascherata da uno stile burbero. Ugo Bartalini ha avuto una scorza dura, si è sempre vantato di costumi schietti,di modi sbrigativi: ha amato più i numeri che le parole.

Quando gli fu consegnato,nel 1992, un Mangia d'argento Bartalini ne fu felice, ma non si scompose. Il segreto della sua lunga vita sta tutta nella capacità di sdrammatizzare,nella voglia di ricondurre i fatti alla loro minuzia quotidiana. Così, senza enfasi, divertendosi e assecondando con gusto curiosità,imprese e affetti, ha attraversato per intero il Novecento, fedele a tre patrie:l'Italia del fervore giovanile,Siena e la sua Contrada.

Mauro Barni (da Murella Cronache)